Un mercato in crescita costante (e a doppia cifra) ogni anno, appoggiato dall’avanzamento tecnologico mobile: il mondo degli shop online offre opportunità da cogliere, a disposizione di tutti coloro che sapranno entrare in contatto con i propri consumatori, proporre in modo diverso i prodotti e i servizi, stimolare l’engagement sui profili social. Certo, all’inizio non è facile capire come orientarsi, ma ci sono delle best practice nel mondo dell’e-commerce che sono ormai consolidate e che aiutano ad iniziare (e proseguire) con il piede giusto. Diamo un’occhiata alle possibilità attualmente implementate che hanno fatto scuola e che vengono sempre più adottate, cercando di capirne i meccanismi.
Best practice e shop online: una tradizione consolidata
Quando si parla di e-commerce quasi nessuno si ricorda degli inizi, quando le attività di vendita online non erano niente altro che la mera trasposizione del retail con un canale nuovo e differente. Ancora non si parlava di sconti, programmi di fidelizzazione, community di consumatori, politica delle spedizioni e dei resi. Oggi il pensiero corre subito ai successi multimilionari, come il colosso Zalando o le multinazionali eBay e Amazon. Oltre dieci anni di acquisti online hanno cambiato radicalmente il volto dello shopping online, inserendo alcune pratiche che oggi sono alla portata di tutti e indispensabili per poter competere efficacemente nei mercati del web. Si tratta di vere e proprie best practice per e-commerce, talmente di successo da fare scuola: questi accorgimenti sono riusciti a spostare l’attenzione dal prodotto all’esperienza dell’utente, che diventa il protagonista di ogni transazione.
Quanto si spende per le spedizioni?
È risaputo che uno dei nodi gordiani per l’utente che si affaccia al vastissimo universo degli acquisti online è la possibilità di usufruire di un servizio di spedizione gratuita. Spesso infatti la scelta dei consumatori di acquistare su un sito piuttosto che su un altro è dettata proprio dall’onere delle spese accessorie. Se i grandi brand possono permettersi di non fare mai pagare la spedizione della merce, gli e-commerce più piccoli devono invece fare i conti con marginalità ridotte sui prodotti e costi di gestione considerevoli, che si fanno sentire ancora di più quando l’importo totale del carrello è molto basso. La strategia più adottata per ovviare a questa necessità – nonché dettata dal buonsenso! – è quella di imporre un minimo d’ordine, al di sotto del quale non è possibile effettuare alcuna transazione. L’importo minimo serve a garantire una marginalità su ogni ordine, coprendo i costi. E sulle spese di spedizione, è possibile informare i nostri utenti che oltre un certo importo la spedizione è gratuita: è questa la scelta effettuata da e-commerce di primo piano, come lo shop online della casa editrice Mondadori, che evidenzia fin dall’homepage che le spedizioni saranno gratuite per importi del carrello superiori ai 19 €; per identificare l’importo oltre il quale non far pagare il costo della spedizione al cliente è sufficiente scegliere una cifra di poco superiore alla media del prezzo dei prodotti: in questo modo all’utente mancherà sempre pochissimo per poter usufruire del servizio gratuito e quindi, piuttosto che pagare il prezzo intero per la consegna, preferisce aggiungere un secondo prodotto.
Mostrare all’utente, in modo assolutamente trasparente, l’importo effettivo che andrà a pagare è fondamentale per evitare l’abbandono del carrello: è meglio illustrare il prezzo della spedizione fin da subito piuttosto che farlo scoprire all’utente a pochi click dal completamento della transazione.
I resi, un’incognita… da poco
“Reso gratuito”. Una frase che a molti imprenditori fa venire la pelle d’oca poiché si prospettano frotte di scatoloni restituiti e di operazioni di rimborso ai consumatori. Ebbene, non è così: quello dei resi è un timore infondato, poiché essi non incidono mai in modo significativo (alcune statistiche indicano come dato peggiore un’incisione inferiore al 5% sul totale del fatturato annuo). L’idea che esista sul web una moltitudine di utenti pronta ad acquistare un prodotto, provarlo e poi renderlo è infondata. Permettendo i resi gratuiti il nostro e-commerce potrà offrire un servizio apprezzato – all’insegna della trasparenza e della convenienza – che incide poco sui costi di gestione, in particolare se si calcola il loro impatto potenziale nell’importo del minimo d’ordine. La stragrande maggioranza degli e-commerce hanno adottato questa strategia customer-oriented all’insegna della trasparenza; e se l’esempio più lampante resta quello di Zalando, oggi non serve visitare i giganti del commercio in rete per trovare l’opzione di reso gratuito. Anzi, moltissimi shop online, oltre a fornire questo servizio hanno deciso di estendere nel tempo la possibilità di effettuare un reso: evidentemente, se molti e-commerce allungano fino a trenta o sessanta giorni il termine per la restituzione della merce, quello dei resi non deve essere un problema così annoso!
E che dire delle newsletter dei nostri e-commerce? Strumento di marketing importante, spesso finiscono per essere ignorate oppure racimolano solo poche decine di iscritti, offrendo solo statistiche desolanti. In effetti, se ci riflettiamo, cosa offriamo ai nostri utenti per convincerli a iscriversi alla nostra newsletter? Zalando offre a tutti coloro che si iscrivono al servizio un buono sconto di 5 €: non è certo difficile immaginare che molti utenti ne approfittino quotidianamente! In questo modo lo shop online ha potuto costituire un canale di promozione delle proprie offerte, novità e réclame dirette alla base di utenti, il tutto limitandosi ad offrire un voucher sconto.
Ma non esiste soltanto la newsletter classica: l’email in generale può essere fonte di piacevoli soprese per l’utente! In prossimità del compleanno dell’utente molti e-commerce regalano via email un coupon sconto (con una scadenza limitata nel tempo). Un’iniziativa a basso costo per lo shop online, ma che può tradursi in un incremento sensibile delle vendite.
Il volto dell’e-commerce: il servizio clienti
Non solo sconti: spesso il prezzo non è l’unica leva determinante che convince l’utente a trasformarsi in acquirente. Uno dei fattori fondamentali è senza dubbio il servizio clienti, in particolare la sua tempestività: se un quesito posto via email viene risposto in meno di un’ora, l’immagine dello shop online sarà quella di un sito efficiente e attento alle esigenze dei consumatori – per quanto insistenti o stravaganti possano sembrare. Se ad un commento negativo sulla nostra pagina Facebook rispondiamo con garbo e spiegando le nostre ragioni (senza trincerarci dietro a regolamenti interni pedanti) la nostra reputazione online ne uscirà rafforzata. “Il cliente ha sempre ragione” è un detto valido anche sul web, con gli stessi limiti e le stesse prerogative del retail offline. E, ovviamente, non dimentichiamoci del telefono: se un potenziale cliente chiama per avere informazioni significa che è determinato ad acquistare; è a questo punto che il servizio clienti di un e-commerce può fare la differenza, aiutando il potenziale consumatore e trasformandolo in cliente.
Il deserto dei carrelli abbandonati
Flagello degli e-commerce manager, i carrelli abbandonati rappresentano una vera e propria sfida: capita, infatti, che molti utenti registrati navighino nel nostro sito, aggiungano prodotti nel carrello e che, per qualche motivo, abbandonino prima di completare la transazione; il carrello mezzo pieno giace per giorni interi fino ad essere dimenticato. Come fare per trasformare questa piaga in un’opportunità? Con una email. Se il cliente viene contattato direttamente via mail, magari proponendo uno sconto sull’importo totale oppure un’offerta vantaggiosa che coinvolga anche i prodotti inseriti nel carrello, le probabilità che nei giorni successivi il consumatore completi la transazione crescono. Non bisogna, infatti, sottovalutare l’incidenza dei carrelli abbandonati, che per alcune categorie merceologiche superano il 50% delle iterazioni con lo shop online. L’abbandono dei carrelli si sposa anche con le strategie “di urgenza” (con le quali si propone al cliente di completare la transazione approfittando di un’offerta limitata nel tempo) e di upselling ( indicando al cliente di completare il suo ordine con l’aggiunta di altri prodotti per usufruire di un risparmio maggiore). Attualmente gli e-commerce che sfruttano appieno queste potenzialità sono pochi, ma è indubbio che la crescita di un negozio web passa anche dalla capacità di saper recuperare i propri clienti offrendo qualcosa di più.
La sfida mobile: unire tre diverse dimensioni
È vero che in Italia il mobile commerce (abbreviato in m-commerce, ovvero la possibilità di effettuare acquisti in mobilità attraverso smartphone e tablet) non è ancora decollato, ma le stime di crescita lo danno per favorito: avere uno shop online responsivo permette di intercettare anche questo bisogno, nell’ottica di un’integrazione di servizi tra marketing via email, comunicazione social e acquisti. In un futuro, infatti, la connettività sarà quasi esclusivamente mobile.